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Rivalutazione ISTAT assegno di mantenimento

Immagine del redattore: Avv. Elena CassellaAvv. Elena Cassella

Negli atti giudiziari che riguardano le beghe familiari e, in particolare, l’onere di una delle parti a versare l’assegno di mantenimento all’ex coniuge o ai figli si legge: “si onera Tizio a versare a Caia, entro il 5 di ogni mese, la somma di Euro …… a titolo di contributo per il mantenimento per il figlio (o a titolo di assegno di mantenimento) oltre rivalutazione ISTAT ...”.

 

Ma cosa è di preciso la rivalutazione ISTAT e come si calcola?

La questione che interessa sia gli obbligati al versamento che i beneficiari dell’assegno o del contributo, necessita di opportuni chiarimenti e spiegazioni, in quanto è tutt’altro che di facile soluzione.

Infatti l’assegno di mantenimento del coniuge (o contributo nel caso in cui sia rivolto ai figli) così come stabilito nel relativo provvedimento del Tribunale, in realtà non è un importo fisso, ma variabile nel tempo.

Si tratta di un contributo periodico che come tale, secondo quanto dispone la legge, deve essere assoggetto ad una rivalutazione, più precisamente ad un adeguamento annuale al costo della vita.

Quindi, ai fini del calcolo dell’importo dell’assegno a seguito della rivalutazione ISTAT è necessario avere come punto di riferimento un indice ben preciso: l’Indice dei prezzi al consumo per le Famiglie di Operai e Impiegati al netto dei tabacchi (FOI) che viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ex art. 81 Legge n. 392/1978.

La rivalutazione calcolata secondo tale regola, verrà applicata annualmente all’assegno di mantenimento (o al contributo per i figli) a partire dall’anno e mese successivo a quello in cui è stato riconosciuto l’assegno in favore del beneficiario secondo un calcolo matematico ossia moltiplicando l’importo dovuto per il suddetto coefficiente e così per gli anni successivi, tenendo sempre presente che la rivalutazione dovrà essere calcolata ogni anno sulla base di quella che risulti dall’adeguamento dell’anno precedente.

La rivalutazione, essendo prevista dalla legge è obbligatoria e quindi del tutto automatica, pertanto, non sarà necessario che il beneficiario ne faccia richiesta neppure nell’ipotesi in cui non l’adeguamento non sia stato menzionato nel provvedimento che ha disposto l’onere.

Tuttavia il mancato adeguamento da parte dell’onerato costituisce un inadempimento ex art. 2740 c.c., quindi il beneficiario avrà il diritto (nel termine di prescrizione di 5 anni) di richiedere formalmente al soggetto obbligato l’adeguamento all’importo rivalutato, pretendendo altresì le somme non versate (oggetto del ricalcolo) oltre interessi.

Mediante il proprio legale di fiducia, il beneficiario, a mezzo raccomandata a/r (o a mezzo pec), potrà intimare l’onerato al versamento di quanto sopra dovuto entro un determinato periodo di tempo (di solito per prassi circa 10 giorni dal ricevimento della diffida), decorso il quale si procederà mediante atto di precetto che in caso di inadempimento entro il termine ivi indicato darà il via al procedimento di esecuzione.



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