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Mantenimento figli maggiorenni.

L’assegno di mantenimento per i figli o, più correttamente, il contributo al mantenimento per i figli, si sostanzia in un importo forfettizzato, la cui funzione è quella di adempiere all’obbligo che spetta ai genitori per legge nei confronti dei figli - anche in caso di separazione e divorzio (ex art 337-ter co. 4 c.c).

Il mantenimento, il cui importo si determina in misura proporzionale al reddito dell’obbligato, costituisce una misura contributiva di carattere patrimoniale in capo al genitore non collocatario al fine di garantite al figlio le migliori condizioni per il soddisfacimento delle sue esigenze di vita.

Tale obbligo se da una parte non dura tutta la vita, dall’altra non si esaurisce con il compimento della maggiore età dei figli, piuttosto permane sino a che questi non abbiano raggiunto la propria indipendenza economica.

Ma di preciso cosa vuol dire? Quando i figli maggiorenni la raggiungono e quando cessa l’obbligo da parte dei genitori al loro mantenimento?

Sebbene la maggiore età ci fa entrare nel mondo degli adulti da un punto di vista quantomeno formale, molto spesso, se non ormai sempre, questa non coincide affatto con il conseguimento dell’indipendenza economica.

Il non essere autosufficienti rispetto alle proprie famiglie di origine oggigiorno sembra essere una condizione (tristemente) comune che, in buona parte dei casi, prescinde dalla volontà e dal desiderio di affrancamento del figlio: magari si vogliono proseguire gli studi o non si trova un lavoro con una retribuzione che possa permettergli di mantenersi autonomamente. Di pari passo però i genitori non possono e non devono mantenere i figli “fannulloni” che si crogiolano nell’idea malsana secondo cui “tanto ci sono mamma e papa che pagano” ma al contrario è bene che venga rispettato un vero e proprio principio di autoresponsabilità e che quindi i figli si attivino concretamente a costruire il proprio futuro.

La legge non indica un limite temporale preciso per il conseguimento dell’indipendenza economica, tuttavia a riguardo, la giurisprudenza (Cass. 5088/2018 e Cass. 12952/2016) ha fissato determinati limiti in presenza dei quali sussisterebbe l’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni e quindi che questi non abbiano raggiunto l’autosufficienza reddituale senza loro colpa; secondo una valutazione caso per caso dovranno altresì essere accertate complessivamente le condizioni economiche, età, conseguimento effettivo di competenze professionali e tecniche, l’impegno nella ricerca di un lavoro. Quindi in sostanza i genitori di figli in età lavorativa non devono più mantenerli a meno che questi non provino di star studiando con profitto, o se abbiano terminato il percorso di studi si stiano davvero impegnando a trovare un’occupazione. Sebbene non sia indicato un termine dalla legge un termine temporale era stato prima indicato orientativamente da una pronuncia di

merito (Trib. Milano Ord. 29.03.2016) ai 34 anni età oltre la quale si deve parlare di adulto “in linea con le statistiche ufficiali, nazionali ed europee” in quanto “lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non può più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso possa, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto” e di recente la Corte di Cassazione (Cass. ord. n. 8630/2024) ha statuito che se i figli non presentano gravi forme di inabilità lavorativa ai sensi della Legge 104/1992, il limite di età per il conseguimento dell’indipendenza economica deve coincidere con i 30 anni, che verranno estesi ai 35 anni, quando gli studi debbano protrarsi oltre in ragione di un percorso post-lauream.



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