Quando finiscono le relazioni sentimentali non è (quasi) mai tutto rose e fiori e, purtroppo, succede spesso che uno dei coniugi/genitori cerchi di reperire il più possibile informazioni utili per le domande da avanzare nel giudizio civile, anche solo per comprendere se possono sussistere condotte pregiudizievoli a detrimento del benessere dei figli o degli interessi dell’altro coniuge/genitore.
Grazie agli strumenti tecnologici a nostra disposizione, è molto comune che la parte interessata a captare notizie, decida di farlo di nascosto mediante registrazioni audio – visive.
Ma è possibile farlo? Se sì, quali sono i limiti per evitare che la condotta assuma contorni di rilevanza penale?
In un recente caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione, Sezione III Penale (sentenza n. 12713/2023) è stato ribadito il principio di diritto per cui il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.) è configurabile anche a capo del titolare dell'abitazione in cui avviene la registrazione della conversazione e/o comportamenti di altri soggetti, diventando l’interferenza illecita quando l’autore non partecipa all’evento registrato.
Nel caso trattato dalla Suprema Corte, un uomo aveva installato una microspia nella casa condivisa con la sua ex compagna, registrando conversazioni tra lei e il loro figlio senza la sua presenza nell’intento di dimostrare un’ipotetica manipolazione del minore da parte della madre.
L’art. 615bis c.p., al primo comma, stabilisce che “Chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Si tratta di reato punibile a querela della persona offesa, tranne che nelle ipotesi contemplate dal terzo comma.
La Suprema Corte, rigettando il ricorso per Cassazione avanzato dall’uomo, ha chiarito che l’installazione di una microspia nella propria abitazione per captare conversazioni altrui è qualificabile come delitto di interferenze illecite nella vita privata ai sensi dell'art. 615-bis cod. pen., indipendentemente dal fatto che l'autore della condotta sia titolare dell'abitazione.
Infatti – continua la Corte di Cassazione nella sopra citata pronuncia - integra il reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all'art. 615-bis c.p. la condotta di colui che, mediante l'uso di strumenti di captazione visiva o sonora, all'interno della propria dimora, carpisca immagini o notizie attinenti alla vita privata di altri soggetti che vi si trovino, siano essi stabili conviventi o ospiti occasionali, senza esservi in alcun modo partecipe.
Ne consegue che, invece, detto reato non è configurabile nel caso in cui l'autore della condotta condivida con i medesimi soggetti l'atto della vita privata oggetto di captazione. Invero, in altra pronuncia (sentenza n. 24848/2023) la Corte di Cassazione, Sezione V Penale, annullando con rinvio la sentenza di non punibilità ex art. 131 bis c.p. pronunciata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, affermando che “Non integra il delitto di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che, ammesso ad accedere nell'abitazione del coniuge separato, provveda a filmare, senza consenso, gli incontri tra quest'ultimo e il figlio minore, in quanto l'art. 615-bis, c.p., che tutela la riservatezza domiciliare, sanziona la condotta di chi risulti estraneo agli atti - oggetto di captazione - di vita privata, ossia agli atti o vicende della persona in luogo riservato e non quella di chi sia stato ammesso, sia pure estemporaneamente, a farne parte.”
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